Il viaggio che condusse la salma del Milite Ignoto da Aquileia a Roma nel 1921 è una tappa fondamentale per la storia delle FS. Si tratta di un evento entrato prepotentemente nella cultura italiana, grazie al sentimento collettivo che accompagnò l’intero viaggio del feretro: un evento così significativo da essere spesso individuato come episodio conclusivo del Risorgimento italiano. Le Ferrovie dello Stato ebbero l’onore di effettuare il trasporto grazie ad un convoglio a doppia trazione approntato per l’occasione, composto da ben 17 elementi, che effettuò una lunga e commovente marcia. Il treno viaggiò infatti a velocità moderata, incontrando in ogni località l’emozione della gente comune, che salutava il simbolo del sacrificio di un popolo in difesa della Patria. Mai come in questo caso il treno divenne un simbolo di unità nazionale. Quest’anno viene commemorato il centenario di questo storico evento.
II 4 novembre 1921, nel terzo compleanno della Vittoria, alla salma non riconosciuta di un soldato caduto in combattimento nella guerra 1915-1918, sarà data, a cura dello Stato, solenne sepoltura in Roma sull'Altare della Patria.
Questo il testo presente sulla Gazzetta Ufficiale n. 197, del 20 agosto 1921, in cui si ufficializzano le commemorazioni in onore del Milite Ignoto.
Il lungo processo burocratico che portò alla promulgazione del decreto legge, partì nell’estate dell’anno precedente, quando il colonnello Giulio Douhet ebbe l’idea, rendendola pubblica sul periodico Dovere, di individuare nella salma di un defunto soldato senza nome l’esempio del sacrificio dell’intera collettività italiana, in un periodo storico che ancora recava vivida l’eredità della Grande Guerra.
Tutto sopportò e vinse il Soldato. Perciò al Soldato bisogna conferire il sommo onore, quello cui nessuno dei suoi condottieri può aspirare neppure nei suoi più folli sogni di ambizione. Nel Pantheon deve trovare la sua degna tomba alla stessa altezza dei Re e del Genio.
La proposta iniziale di Douhet prevedeva infatti il Pantheon come luogo di sepoltura, accanto alle salme dei Savoia e di illustri artisti, come Raffaello Sanzio e Annibale Carracci. La proposta non fu accolta e fu scelto il Vittoriano, ritenuto maggiormente significativo in un’ottica statale e nazionalistica. Nell’immediato primo dopoguerra, infatti, sono numerosi gli esempi di vera esaltazione del mito patriottico, parallelo alle celebrazioni trionfali della vittoria. Si assiste ad un’attenta selezione culturale per consegnare alla storia un sentimento nazionalistico fondato sul ricordo di circa 650.000 morti sacrificati per la vittoria, che poi sarà alla base della diffusione del primo Fascismo.
Nonostante la concordanza di tutta la politica nostrana, la burocrazia rallentò i lavori e l’idea di consacrare la salma ignota fu realizzata prima in alcuni stati europei, come la Francia, l’Inghilterra e il Belgio, che in Italia.
Il Ministro della guerra Luigi Gasparotto diede incarico a una commissione di scegliere undici salme di impossibile identificazione; tra queste ne sarebbe stata individuata una da tumulare a Roma durante una cerimonia ufficiale.
La commissione esplorò attentamente tutti i luoghi nei quali si era combattuto, anche includendo quelle località che avevano assistito alle operazioni di Marina. Fu scelta una salma per ognuna delle seguenti zone: Rovereto, Dolomiti (nel territorio di Schio), Monte Ortigara, Cima del Grappa, Montello, Basso Piave (nei pressi di Jesolo), Cortina d’Ampezzo, Monte Rombon (comune di Gorizia), Monte San Michele (nella provincia di Gorizia), Castagnevizza del Carso (sul confine sloveno) e tratto da Castagnevizza al Mare Adriatico in territorio italiano. Lo stesso ministro Gasparotto indicò la basilica di Aquileia come luogo di raccolta delle salme e dove sarebbe avvenuta la selezione.
Venne fissata subito la data: il 28 ottobre 1921.
Le bare erano tutte identiche, senza alcun segno distintivo. Una volta collocate all’interno della Basilica, la commissione prese una decisione particolare: scelse un gruppo di persone che non avevano partecipato al primo allestimento e fece modificare l’ordine delle bare. Nessuno doveva avere la minima possibilità di conoscere la provenienza delle salme.
A Maria Bergamas spettò il compito di scegliere la salma tra le undici nella basilica. In lei venivano riassunti tutti i tratti simbolici delle commemorazioni: nella sua figura umile ma fiera potevano immedesimarsi tutte le madri che piangevano un figlio donato alla patria, tutte le spose che lamentavano la perdita del proprio coniuge.
Antonio Bergamas era nato nel 1891 a Gradisca d’Isonzo nel 1891, all’epoca territorio austro-ungarico. Nel 1914 disertò dall’esercito dell’Impero d’Austria, per poi arruolarsi da volontario, come fante, nell’Esercito Italiano (Brigata Re) nel maggio del 1915. Il 18 giugno 1916 il plotone di Bergamas fu mandato all'assalto delle postazioni austro-ungariche, durante l’avanzata sul Monte Cimone di Tonezza. Fu colpito a morte da una mitragliatrice e successivamente seppellito in un cimitero di guerra sull’altopiano di Asiago. Non ci fu pace per le spoglie: una violenta gragnuola di colpi d’artiglieria distrusse il cimitero e tutti i defunti lì sepolti furono dichiarati giuridicamente dispersi.
Il 27 ottobre 1921 le bare furono traslate da Gorizia ad Aquileia e deposte davanti l’altare della Basilica di Santa Maria Assunta. Il giorno dopo migliaia di persone, tra rappresentanti delle istituzioni, ex combattenti, madri e vedove di caduti, assistettero al rito officiato dal vescovo di Trieste, monsignor Angelo Bartolomasi. Gli spari a salve delle artiglierie e le note suonate dalla Brigata Sassari fecero da sottofondo alla scelta della salma. Maria Bergamas tra la commozione generale consegnò le spoglie ignote alla Storia.
Il giorno successivo iniziò il viaggio del Milite Ignoto verso Roma e alle Ferrovie dello Stato spettò l’onore di effettuare il trasporto. Il convoglio composto per l’occasione contava ben 17 elementi. Alla trazione si alternarono diverse locomotive del parco FS. Una di queste, la 740.115, è oggi conservata nel Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa. Il carro che ospitò il Milite fu ideato dal noto architetto Guido Cirilli. La bara venne rinchiusa in una cassa di zinco e in un’ulteriore di quercia. Il tutto fu adagiato su un affusto di cannone ricoperto da una bandiera tricolore, un elmetto e un fucile. In alto, un arco costituito da un blocco unico di pietra carsica ricordava i luoghi montuosi sconvolti dalla guerra. Il feretro era ben visibile da ogni lato: il tetto era sorretto da quattro coppie di colonne snelle, che non occludevano la vista da nessun lato. Sulle fiancate del carro, in basso, si stagliavano due scritte: da una parte le date MCMXV – MCMXVIII; dall’altra una citazione dall’Inferno dantesco: L'ombra sua torna ch'era dipartita. I macchinisti che si avvicendarono del viaggio, scelti tra i decorati di guerra, avevano precise disposizioni: il convoglio doveva viaggiare a velocità moderatissima, per permettere l’omaggio della popolazione.
Il treno partì da Aquileia alle ore 8:00 di sabato 29 ottobre, giungendo a Venezia alle 19:00 dello stesso giorno. Vennero effettuate alcune soste: di un’ora nella stazione di Udine, di mezz’ora in quella di Treviso e di 90 minuti a Mestre. Il giorno successivo il convoglio lasciò la stazione lagunare alle ore 8:00 e, dopo soste più o meno brevi nelle stazioni di Padova, Rovigo e Ferrara, giunse a Bologna Centrale alle ore 18:30. Lunedì 31 ottobre toccò alle storiche linee Porrettana e Maria Antonia accogliere il passaggio del Milite: dopo la partenza da Bologna alle ore 06:24, e dopo brevi soste a Pracchia, Pistoia e Prato, il treno giunse a Firenze Santa Maria Novella alle ore 14:16. La partenza dal capoluogo toscano avvenne alle 19:10 dello stesso giorno, per poi raggiungere Arezzo alle 23:00. Il giorno successivo il treno del Milite Ignoto partì alle ore 9:00, sostò a Chiusi, Orvieto e Orte, arrivando alla stazione di Portonaccio (oggi Roma Tiburtina) alle 21:25.
Il convoglio giunse a Roma Termini alle ore 9:00 del 2 novembre 1921. Ad accoglierlo c’erano il re Vittorio Emanuele III e la famiglia reale, con i rappresentanti dell’Esercito Italiano, della Marina e della Guardia di Finanza. La bara fu trasportata alla basilica di Santa Maria degli Angeli, seguita a piedi dal re e dalle alte cariche dello Stato. Qui fu benedetta dal vescovo Angelo Bartolomasi e resa disponibile alla pubblica venerazione della popolazione.
Il giorno successivo, alle 8:30, la bara fu caricata su un affusto di cannone e trasportata con un carro verso il Vittoriano. Il corteo giunse a Piazza Venezia dopo un’ora accolto da migliaia di persone. Il feretro fu portato a spalla alla tomba da sei reduci decorati, tra due ali di militari e alfieri con il vessillo tricolore. Il sarcofago venne quindi deposto tra il suono del tamburo delle bande e il pianto sommesso dei presenti.
Alle 10:36 la lastra di marmo calò sulla tomba, chiudendo ufficialmente il rito.
BIBLIOGRAFIA